12 luglio 2017

Poligoni

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La declamazione tragica deve tenere d’occhio i monti.
Yampeia, la Fedriade orientale di ottocento metri circa
da cui Esopo fu gettato da sacerdoti suoi nemici,
ora ha un cervo selvatico che intravediamo sulla vetta,
e sopra il cervo ancor più remote creature di nuvole.
Una nuvola a forma di delfino si tuffa sfilacciandosi
in un mare che lampeggia gocce di sangue.
Una nuvola Cupido bacia un cerbiatto aurato
che castrato diventa una Creta di zucchero filato.
Una lepre con gobbe di cammello, un feto di canguro.
Nubi a forma di creature non evolute o estinte.
Creature e continenti di nuvole in grandi banchi bioccosi.
Un’Islanda di carboni ardenti, una Faroe fiammante,
le regioni più remote dell’emisfero settentrionale create
in pochi secondi di nuvole, poi inondate nel buio.
Un gioco d’ombre di evoluzione che termina nell’estinzione.
La corazza di rame del golfo ora si offusca livida.

“E le nuvole periscono: la Tenebra non necessita
del loro aiuto – è tutto l’Universo”,
scrive Byron in Tenebra. E Giorgio Seferis,
magnifico poeta greco, sente la tenebra a Delfi:
“I poteri della tenebra sono i fermenti della luce.
Più forte è il buio, più profonda è la luce.
Delfi di tutti i luoghi fu quello più impastato
del potere ctonio e della luce assoluta”.
Una volta che filmavo qui un cameraman greco mi disse:
“Qui persino le ombre hanno una luce nella tenebra”.

(...)


Toni Harrison

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